Il rinascimento entra nella scena veneziana...
Dopo aver presentato alcuni pittori primitivi nel nostro post precedente, continuiamo la nostra visita delle
Gallerie dell’Accademia di Venezia introducendo una nuova corrente artistica, quella del
Primo Rinascimento.Venezia, innamorata del suo stile gotico fiorito, che così bene si inseriva in un’atmosfera leggera sospesa tra acqua ed aria,
ebbe non poche difficoltà ad accogliere le forme della rinascenza in campo artistico. Ci volle un personaggio di spicco, geniale, per accompagnare la transizione da un’epoca ad un’altra nell’ambito della pittura:
Giovanni Bellini.
Giovanni Bellini
Figlio di Jacopo e fratello di Gentile, entrambi pittori, comincia a lavorare nella bottega del padre sin da ragazzino. Vivere a Venezia, crocevia di persone e culture diverse, lo pone però in contatto con
numerose influenze artistiche: da quella
Bizantina a quella
Gotica, passando per l’esperienza
fiamminga ben visibile nell’attenzione al dettaglio, approdando poi a quella
toscana portata nel Veneto da Donatello e a quella filtrata dall’esperienza padovana di
Andrea Mantegna, che peraltro diventerà suo cognato.
Tutto ciò fa di lui
un pittore versatile, sempre pronto a mettersi in discussione, ad imparare, a cambiare registro, come farà pure in tarda età grazie ad importanti incontri come quello col giovane
Albrecht Dürer.
Alle Gallerie sono conservate alcune
opere davvero strepitose di questo grande maestro.
Ne abbiamo scelte solo alcune, senza la pretesa di esaurire in poche righe un argomento tanto vasto.
La Pala di San Giobbe
Dipinta su tavola per l’omonima chiesa, la Pala di San Giobbe, risalente al
1487 circa, è uno dei capolavori di Giovanni Bellini. La Vergine assisa sul trono col Bambino, con un’espressione imperscrutabile sul volto, è circondata da santi anatomicamente perfetti. Sono tutti riconoscibili grazie ai simboli che recano con sé, ma fra questi spiccano il profeta Giobbe, titolare della pala e della chiesa, ed un magnifico
San Sebastiano, santo apotropaico di notevole importanza nei periodi di epidemie.
La scena, definita
Sacra Conversazione nonostante il silenzio che sembra avvolgere lo spazio, si svolge in una cappella che negli apparati decorativi, marmi policromi alle pareti e mosaici dorati sulla mezza cupola, ricorda decisamente
la Basilica di San Marco. La tridimensionalità è davvero notevole, ed in origine era ancora più accentuata dalla cornice marmorea che circondava il dipinto, la quale riportava scolpiti esattamente gli stessi motivi che ritroviamo dipinti nella finta architettura ai lati.
La Madonna degli Alberetti
Uno dei soggetti per cui Bellini divenne particolarmente famoso è quello delle
Madonne col Bambin Gesù, e la
Madonna degli Alberetti è uno dei nostri capolavori preferiti in questo ambito.
Sono figure femminili sempre
piene di grazia, soavi, toccanti e spesso tristi o dubbiose riguardo al destino del loro figlio. Hanno tratti dolcissimi che attraggono lo sguardo di chi le ammira. Non si tratta però in genere di mere rappresentazioni di un ideale di bellezza muliebre: questi dipinti sono arricchiti di
simboli sottili, come appunto gli
alberelli in questo caso, che potrebbero alludere alla
passione e alla successiva resurrezione di Cristo.La tavola presenta la
data e la firma del pittore sul parapetto che divide la scena rappresentata dallo spazio reale che noi occupiamo.
Madonna col Bambino tra due Sante
Questa Madonna col Bambino tra due Sante è davvero un
capolavoro, in cui Bellini dispiega tutto il suo virtuosismo nei
giochi di luce. Forse qui è proprio la luce la vera protagonista,
una luce calda, che proviene dal basso e che illumina solamente le figure, lasciando lo sfondo completamente oscurato. Diventa quasi irrilevante cercare di capire chi siano le due donne accanto alla Vergine, poiché la nostra attenzione è proprio catturata dalle
impressioni luminose che sottolineano un volto o un dettaglio.Questa scelta davvero non esaurisce la varietà di dipinti del Bellini che questo museo conserva.
Cima da Conegliano: fu davvero un pittore minore?
Di
Giambattista Cima da Conegliano le fonti storiche non ci hanno tramandato molte notizie. Nato appunto nella
cittadina della terraferma veneta, si trasferisce a Venezia, centro non solo economico-commerciale, ma anche
culturale ed artistico. Si trova a dipingere negli stessi anni in cui è attivo Giovanni Bellini, e probabilmente diventa pure allievo del grande maestro veneziano, anche se nei suoi lavori si percepiscono i
nfluenze da parte di altri artisti dell’epoca. Ritenuto per moltissimo tempo un pittore minore del Quattrocento veneziano, oggi la critica è concorde nell’attribuirgli
un ruolo di spicco nel panorama artistico di quel periodo… fu certamente oscurato, agli occhi dei più, dalla brillante stella belliniana, ma fu certo un pittore di grande importanza, come testimonia uno dei suoi capolavori, la
Madonna dell’Arancio, del 1496-1498, originariamente dipinta per la chiesa di Santa Chiara a Murano.
La Madonna dell’Arancio
I personaggi, ovvero la Vergine col Bambino tra due Santi, accompagnati in lontananza da
San Giuseppe con l’asino, farebbero supporre che il soggetto ritratto possa essere una
Fuga della Sacra Famiglia in Egitto. Ma al di là del significato dei personaggi ciò che davvero colpisce è lo
splendido paesaggio, dai dettagli curatissimi, alla stregua della
pittura fiamminga dell’epoca, della cui lezione si fece interprete a Venezia in particolare
Antonello da Messina. E sullo sfondo, come spesso vediamo nei dipinti del Cima, campeggia su una collina
un castello medievale, ricordo della città natale del pittore.
Vittore Carpaccio: un cantastorie d’eccezione
Anche
Vittore Carpaccio, nato a Venezia ne XV secolo, si troverà ad operare in un panorama artistico dominato dalla figura di Giovanni Bellini, ma riesce conquistarsi un notevole apprezzamento in città. In particolare, alcune
scuole di arti e devozione (la scuola degli Albanesi, quella di Sant’Orsola, quella di San Giovanni Evangelista…) gli commissionano dei
grandi teleri con storie di santi, in cui il pittore infonde tutta la sua vena narrativa.
L’incontro tra Orsola ed il principe pagano, dal ciclo di Sant’Orsola
Carpaccio è davvero
un cantastorie: racconta con dovizia di
particolari incontri, eventi, vicissitudini di santi che a ben guardare
assomigliano molto ai veneziani dell’epoca. Anche gli ambienti esprimono in un certo senso
un’atmosfera tipicamente veneziana, e spesso pure nei volti dei personaggi, così ben caratterizzati dal punto di vista fisiognomico, riconosciamo ritratti di veneziani di spicco contemporanei di Carpaccio.
Questi teleri non si possono veramente spiegare: più che altro si lasciano appunto
narrare, permettendoci di immergerci pienamente in un’epoca così lontana, eppure ancora sensorialmente presente in città.
Vi aspettiamo con
passione ed entusiasmo per scoprire le mille sfumature del Primo Rinascimento veneziano. Ciao!
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