L'ultimo capolavoro del grande maestro...
Il
27 agosto del 1576 moriva il grande maestro del
rinascimento veneziano,
Tiziano Vecellio.
Era nato a Pieve di Cadore e nella città lagunare iniziò come allievo nella
bottega del Bellini per poi divenire un artista eccelso, che dipinse per Carlo V e Filippo II, frequentatore di circoli letterari con Sansovino, Pietro l’Aretino, Caterina Corner.
Alle
Gallerie dell’Accademia si trova la sua ultima opera, 'La Pietà'.
Il periodo storico
Dopo la vittoria contro gli ottomani durante la famosa
battaglia di Lepanto del 1571, la Serenissima stava vivendo un
periodo di orgoglio e potenza nazionale: il grande nemico di sempre era stato sconfitto.
Battaglia di Lepanto ultima metà del 1500 e primi anni del 1600, Andrea Vicentino, Sala dello Scrutinio, Palazzo Ducale
Sebastiano Venier, Capitano da Mar della flotta veneziana, aveva affrontato con coraggio e forza inaudita le
navi dell’impero ottomano; questo evento straordinario riportò alla memoria di tanti veneziani le
gesta eroiche di Enrico Dandolo durante la
quarta crociata del 1204. Purtroppo nel
1575 una
grave pestilenza colpì la città: forse all’inizio fu ingenuamente sottovalutata, ma
un terzo della popolazione, circa cinquantamila persone,
morì a causa del terribile e virulento morbo. Morì in questo periodo di epidemia, nell’agosto del 1576, anche il
grande Tiziano.
L’opera
La Pietà è l’ultimo capolavoro del pittore. Tiziano lo dipinse tra il
1575/1576 con lo scopo di essere collocato nel luogo della propria sepoltura, la
basilica dei Frari; dopo varie vicissitudini, nel 1814 arrivò alle
Gallerie dell’Accademia.
La Pietà, Tiziano, Gallerie dell'Accademia
Colpisce subito il
corpo di Cristo, sulle ginocchia di Maria, per il
colore livido, esangue delle sue carni. La notizia della morte di Gesù è annunciata al mondo dal
braccio alzato della Maddalena che in questo modo amplia anche la scena: il terribile messaggio diviene infinito.
La Pietà, dettaglio, Tiziano, Gallerie dell'Accademia
Chi è l’uomo che si prostra con una
tunica rossa, inginocchiato, la cui mano tocca quella di Cristo? Potrebbe essere Nicodemo oppure Giovanni d’Arimatea: è
Tiziano stesso, che si è
ritratto barbuto, vecchio, sfinito, stanco, implorante la salvezza divina.
La Pietà, dettaglio, Tiziano, Gallerie dell'Accademia
La scena avviene sotto il
catino absidale mosaicato, influenza del suo maestro Bellini che in alcune pale d’altare aveva reso omaggio ai mosaici della basilica di San Marco. Al centro del catino vi è un
pellicano che con il becco si ferisce il petto per fornire nutrimento, il suo sangue, ai suoi piccoli:
simbolo del sacrificio di Cristo e della Resurrezione.
La Pietà, dettaglio il pellicano, Tiziano, Gallerie dell'Accademia
La statua di Mosè e quella della Sibilla Ellespontica fungono da quinte teatrali entro le quali si svolge la raffigurazione. Poggiano su basamenti con il leone scolpito,
simbolo di san Marco ed anche della Divina Sapienza.
Il quadro nel quadro
In basso, nell’angolo destro della tela, l’artista ha dipinto
un quadretto, un ex voto che rappresenta
lui e suo figlio Orazio inginocchiati di fronte ad un’altra Pietà: il figlio, colpito dalla peste, morirà un mese prima del maestro.
E’ un’altra preghiera, una ulteriore supplica disperata affinché i due possano sopravvivere.
La Pietà, dettaglio 'il quadro nel quadro', Tiziano, Gallerie dell'Accademia
Questa invocazione alla divinità per la salvezza è ancora di più sottolineata dal poco visibile braccio che appare dal basamento della Sibilla: è inquietante, è ancora una volta il simbolo estremo dell’uomo-artista che sta per morire.
La Pietà, dettaglio il braccio, Tiziano, Gallerie dell'Accademia
Il colore
Nelle ultime sue opere Tiziano
cambia il timbro cromatico.
Nella Pietà i colori sono
cupi, le pennellate sono veloci, sommarie, imprecise, la materia sembra sfaldarsi. La luce tremolante accentua la
drammaticità dell’evento. Le forme si dissolvono, i
contorni sono indefiniti, le luci vibrano, il disegno plastico è stato eliminato per
lasciare spazio all’espressione, non più per ricercare la perfezione.
Lui, Tiziano Vecellio, figlio di un notaio, artista conteso dai grandi, erudito, raffinato, pittore rivoluzionario,
finisce la sua carriera di artista e di uomo dipingendo l’ultima tela dove il non finito domina tutta la scena.
Che voglia forse suggerire la condizione dell’uomo di fronte alla morte?Questa ed altre domande ci pone il dipinto. Cosa simboleggiano, per esempio, Mosè e la Sibilla?
Noi vi aspettiamo a Venezia
per una visita guidata alla Gallerie dell’Accademia e per svelarvi altre simbologie nell’ultima opera del Tiziano.
Ciao!
Contatti:
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