Impressioni veneziane di un Premio Nobel per la letteratura...
Venezia è una città unica, magica, della quale si sono
innamorati molti artisti, poeti, romanzieri, pittori, registi…Su di lei sono stati scritti
oceani di parole, è stata immortalata in
scatti memorabili o semplicemente turistici, è da sempre una delle mete più desiderate per i motivi più disparati…
C’è tuttavia
un popolo intero per il quale Venezia è sempre stata un mito inaccessibile, una perla da scrutare solo attraverso la carta stampata, una meta irraggiungibile… sto parlando del
popolo russo del periodo sovietico.
Mai avrebbero pensato i russi dell’impero comunista di poter un giorno anche solo avvicinarsi a questa ineffabile città.
Certo, ci furono, ci sono e ci saranno altri popoli a cui Venezia è stata, è o sarà preclusa, ma io parlo di ciò che conosco, non mi permetto di raccontare ciò di cui non ho esperienza.
Immaginate quindi le reazioni, le emozioni, quasi lo shock dei primi turisti russi a Venezia… quante guance ho visto rigate da lacrime di gioia, di incredulità, di riconoscenza nei confronti di un fato che per una volta girava per il verso giusto.
E Venezia fu sempre il sogno di uno tra i più grandi poeti del ‘900,
Iosif Aleksandrovič Brodskij.
Iosif Brodskij (foto dal web)
Chi era Iosif Brodskij?
Iosif Brodskij nasce nel
1940 a San Pietroburgo (che all’epoca si chiamava Leningrado).
Insofferente verso la scuola, la abbandona a 16 anni e intraprende diversi lavori, in maniera piuttosto saltuaria, ma dedicandosi sempre a quella che forse sente come vocazione, ovvero
scrive versi. Studia moltissimo da sé, si forma una vasta cultura in ambito linguistico, comincia a tradurre versi e prosa dal Polacco, dal Serbo…
Tuttavia
le sue poesie disturbano il Potere: troppo intimiste, apertamente senza alcuna funzione educativa, e soprattutto:
scrivere poesia che razza di lavoro è?Nel
1963 Iosif viene arrestato per parassitismo sociale e subisce un
processo farsa: la decisione è già presa, va punito.
Leggendo le trascrizioni delle registrazioni del processo appare evidente che l’accusa, si può dire, si arrampica sugli specchi, portando come testimoni persone che non solo non lo conoscono di persona ma
nemmeno hanno letto i suoi scritti. Ciononostante, viene condannato a
cinque anni di lavori forzati da scontare ad Archangel’sk, una fredda città nella Russia del Nord. Per inciso, colpisce molto la
non-difesa di Brodskij stesso: le risposte alle domande che gli vengono poste sono disarmanti… è sincero? Oppure ingenuo? O sta preparando consapevolmente il mito di se stesso?
Grazie alla
mobilitazione di amici e personaggi di rilievo in patria ma soprattutto all’estero, non finirà di scontare la pena ma potrà far ritorno a Leningrado, dove rimarrà fino al 1972, anno in cui viene
privato della cittadinanza russa ed esiliato.Si reca a
Vienna e poi negli Stati Uniti, gli verrà assegnata una cattedra di letteratura russa presso
l’Università del Michigan (ma finirà poi per tenere lezioni anche in altre università nordamericane).
Continua la sua intensa attività di poeta, traduttore, scrittore, drammaturgo, partecipa a festival internazionali di poesia…
la sua vita è particolarmente intensa.Nel
1987 viene insignito del
Premio Nobel per la letteratura, a coronamento di una brillante carriera.
Due anni più tardi viene riabilitato dal governo russo, nel pieno del periodo della Perestrojka.
Muore a New York il 28 gennaio del 1996. Viene sepolto temporaneamente nel cimitero vicino alla chiesa della Trinità a Brooklyn,
ma il 21 giugno del 1997 la sua bara verrà trasferita, per volere della moglie, nel cimitero di San Michele a Venezia.
Brodskij a Venezia
Brodskij giunge a
Venezia nel dicembre del 1972, pochi mesi dopo l’esilio… che si diceva a proposito del desiderio quasi viscerale per un russo sovietico di visitare Venezia?
La nostra città lo colpisce a tal punto che lui ci ritornerà poi ogni anno, per 17 anni, fino al 1989, anno in cui Brodskij scrive la sua
poesia in prosa “
Fondamenta degli Incurabili” su invito del Consorzio Venezia Nuova.
E questo saggio racchiude in modo molto poetico
tutta la bellezza, le contraddizioni, i difetti, le persone di Venezia così come appaiono agli occhi del poeta.Le immagini, le metafore che Brodskij usa a proposito della nostra città sono, a mio avviso, emozionanti.
Cito
un brano per me significativo da “Fondamenta degli Incurabili”:
Il pizzo verticale delle facciate veneziane è il più bel disegno che il tempo-alias-acqua abbia lasciato sulla terraferma, in qualsiasi parte del globo. In più esiste indubbiamente una corrispondenza – se non un nesso esplicito – tra la natura rettangolare delle forme di quel pizzo – ossia degli edifici veneziani – e l’anarchia dell’acqua, che disdegna la nozione di forma. È come se lo spazio, consapevole – qui più che in qualsiasi altro luogo – della propria inferiorità rispetto al tempo, gli rispondesse con l’unica proprietà che il tempo non possiede: con la bellezza.
Fondamenta degli Incurabili
Targa commemorativa dedicata a Iosif Brodskij
Venezia lo ammalia con i suoi
riflessi, con i suoi
specchi d’acqua, con i suoi
colori che la luce invernale rende unici. Ha modo di girarla in lungo e in largo, di perdersi nel suo dedalo di calli per poi riemergere in luoghi noti.
Riflessi di palazzi sull’acqua
Fino a che
un giorno, durante le sue peregrinazioni per la città, non lo assale una sensazione:
Io sono un gatto. Un gatto che si è appena pappato un pesce. Se qualcuno mi rivolgesse la parola in questo momento, risponderei miagolando. Ero assolutamente, animalescamente felice. Brodskij
ama i gatti, adora guardarli, sono il suo “totem”.
Personalmente, ho sempre pensato che, se potessi rinascere, desidererei rinascere
gatto a Venezia: è la città ideale per questi adorabili felini. E non mi stupisce pertanto questa sensazione del poeta.
Brodskij con il suo gatto (dal web)
Gatti a Venezia
Ed ecco che continuando a leggere, mi imbatto in questo passo:
Venezia per molti aspetti assomiglia a San Pietroburgo, la mia città natale. Ma più di tutto è un posto così bello che puoi viverci anche senza essere innamorato. È una città la cui bellezza ti fa subito capire che qualsiasi cosa riuscirai (…) a produrre nella tua vita (…) non sarà mai altrettanto bella. Venezia è inarrivabile. Se mi fosse concesso di reincarnarmi sotto un’altra forma, sceglierei di essere un gatto a Venezia… Venezia ispira a Brodskij anche
riflessioni filosofiche molto profonde:
Ho sempre pensato che se lo spirito di Dio aleggiava sopra la faccia dell’acqua, l’acqua non poteva non rifletterlo. Da qui il mio debole per l’acqua (…). Penso, molto semplicemente, che l’acqua sia l’immagine del tempo…Oltre ad acqua, alghe (sotto zero, come lui stesso le definisce), luce, riflessi, bellezza, un altro elemento che il poeta ama della città è la
nebbia.La nebbia entrò al galoppo nella piazza, tirò le redini del suo stallone e cominciò a sciogliere il suo grande turbante bianco. Aveva gli stivali umidi, come i ricchi finimenti del cavallo; il suo mantello era tempestato degli scialbi gioielli miopi di lampadine accese. Vestiva a quel modo perché non aveva idea di che secolo fosse, tanto meno di che anno. Ma poi, essendo nebbia, non poteva proprio…O ancora:
…la famosa Nebbia trascina la città fuori dal tempo, rendendola più atemporale del sancta sanctorum di qualsiasi palazzo. La nebbia non cancella soltanto i riflessi, ma tutto ciò che abbia forma: edifici, esseri umani, porticati, ponti, statue.
Nebbia a Venezia
Certo, “Fondamenta degli Incurabili” è un testo giustamente famoso in tutto il mondo. Ma anche i versi che
Iosif dedica a Venezia sono splendidi, ricchi di metafore e similitudini, e testimoniano
l’amore di questo poeta per la città.
I luoghi di Brodskij a Venezia
Avendo percorso tutta Venezia, Brodskij ha avuto modo di conoscere la città in ogni angolo e di affezionarsi ad alcuni luoghi in particolare.
Ho menzionato diffusamente la
Fondamenta degli Incurabili, che in verità è la Fondamenta delle Zattere presso l’Ospedale degli Incurabili, e che dà il titolo ad una delle sue opere più famose.
Un altro posto che il poeta ama è quello delle
Fondamente Nove: scriverà di poter da lì ammirare
…alla mia sinistra il più grande acquerello al mondo, e a destra un paradiso di mattoni.
Il più grande acquerello del mondo
Il paradiso di mattoni
Fa parte di questo incommensurabile
acquerello anche l’isola di San Michele, il
cimitero dove Iosif riposa. E superato il paradiso di mattoni, svoltando per la Fondamenta dei Mendicanti, si giunge in
Campo dei SS Giovanni e Paolo, altro luogo a lui caro. Adora
San Pietro di Castello, che descrive in mirabili versi, nei quali tratteggia non solo il paesaggio e l’atmosfera, ma anche la vita che vi si dipana, le persone che animano quest’isola.
San Pietro di Castello
E poi ci sono i locali dove ama sedere per sorseggiare il
suo caffè e la sua grappa, come il
Caffè Floriàn, o quelli dove incontra persone che entreranno a far parte della sua vita o che già ne fanno parte, come l’
Harry’s Bar (dove conosce Susan Sontag) o il
Caffè da Nico alle Zattere, quello del celeberrimo
gianduiotto (qui incontra l’amico Robert Morgan).
Il Caffè Floriàn, tavolini esterni
Da buongustaio, va alla ricerca delle prelibatezze veneziane in posti come la
Trattoria alla Rivetta oppure
Al Mascaron… e adora i cicchetti che tanto caratterizzano la nostra città.
E poi ci sono i luoghi dove ha modo di soggiornare, più o meno a lungo: la
pensione “Accademia”al Ponte de le Maravege, che in precedenza era stata sede dell’ambasciata russa a Venezia, oppure
l’hotel Londra Palace, lo stesso dove soggiornò
Čajkovskij… e poi gli appartamenti delle persone che nel corso degli anni aveva conosciuto a Venezia, come quello di una mia cara amica, ed infine
Palazzo Marcello, del cui proprietario, Girolamo Marcello, il poeta era divenuto amico.
Brodskij e le donne a Venezia
In città vi sono ancora persone che ricordano il poeta, che per un motivo o per l’altro l’hanno frequentato. Certo, grazie alla sua ricorrente presenza a Venezia, Brodskij ha modo di
conoscere numerosi veneziani, anche se di loro scrive:
Nessuna tribù ama gli stranieri, e i veneziani, oltre a essere insulari, sono anche molto tribali. E in definitiva Brodskij qui finisce per sentirsi solo.
In “Fondamenta degli Incurabili” sono le figure di alcune donne che in verità appaiono in modo molto vivido. Di alcune Iosif ci dice il nome, come la
scrittrice Susan Sontag, o l’anziana violinista
Olga Rudge,
vedova di Ezra Pound, della quale il poeta fu ospite nella sua casa nei pressi della Salute.
Di altre, forse quelle per lui più significative, non viene menzionato il nome, ma tra le righe si riesce a capire chi siano…
Una è sempre indicata come
la veneziana, oppure
l’unica persona che conoscevo in tutta la città. Si tratta di una donna che Brodskij aveva
conosciuto in Russia prima dell’esilio e che lo accoglierà al suo primo arrivo a Venezia nel dicembre del 1972.
Un’altra è la ragazza con
le pupille senape e miele, non veneziana ma con la quale si incontrerà ripetutamente a Venezia, in uno di quegli appartamenti la cui soglia pure io ho avuto l’onore di varcare.
Entrambe le donne in questione hanno poi rilasciato
interviste sul loro rapporto più o meno profondo con Brodskij: ne emerge la figura di un uomo da un lato approfittatore, egocentrico, enigmatico, e dall’altro geniale, interessante, affascinante. Due impressioni forse opposte ma anche simmetriche, che esemplificano il carattere spesso
contraddittorio dell’uomo Iosif.L’amica che ebbe modo di ospitare Brodskij e
la ragazza dalle pupille senape e miele mi descrive il
tira e molla della loro relazione, mi conferma che Iosif non aveva un carattere docile e poteva risultare
parecchio irritante. Del resto, lui di sicuro non ebbe una vita facile, e fu forse incapace di fare qualcosa per “aiutarsi”. E tuttavia, quando le chiedo quale sia la prima sensazione che le venga in mente a proposito del poeta lei mi risponde “
Era un uomo mite, protettivo”, seppur continuasse a dare del “lei” anche alle persone che più gli erano vicine, per rispetto o per vezzo, chissà…
Le chiedo se ha una foto di Brodskij di quel periodo. Mi risponde: “Non che io ricordi. Non mi sarebbe mai venuto in mente di fotografarlo”. Ed in questo riconosco il carattere non insulare e non tribale di questa grande donna… ma anche questa è stata la Venezia frequentata da Brodskij.
Epilogo
Concludo con due citazioni.La prima è il
ritratto di Brodskij nei versi della
poetessa romana Annelisa Alleva, mentre la seconda è tratta da “Fondamenta degli Incurabili” e
riguarda il futuro di Venezia nella personale visione del poeta:
Giugno (di Annelisa Alleva) La spiga lentamente matura intorno agli occhi, attesa dal laccio aperto dei sopraccigli.
Sotto, l’espressione la rende ondulata,
come una Q romana incisa su una tabella di marmo.
Le palpebre, simili a petali, s’intrappolano
nel mazzo prima di cadere. Sulla fronte
si profilano le scale consunte di un palazzo.
Le guance conservano le tracce di un rematore
spiritoso. Ma le labbra sono a secco sulla spiaggia,
si sta scrostando la vernice. Nelle insenature
del naso il vento soffia, il paesaggio tutto
s’incupisce; si rabbuiano i capelli, sul collo
restano i segni degli anelli stretti.
Solo per le pupille è estate.
Da
Fondamenta degli Incurabili:“Credo sia stato Hazlitt a dire che l’unica cosa che potrebbe superare questa città d’acqua sarebbe una città costruita nell’aria. Era un’idea degna di Calvino, e chi sa, nella scia dei viaggi spaziali, qualcosa di simile può ancora succedere. Allo stato delle cose, e a prescindere dallo sbarco sulla luna, il nostro secolo si assicurerebbe un ottimo titolo per essere ricordato se lasciasse intatto questo posto, se lasciasse le cose come sono… Vorrei invece far notare che l’idea di trasformare Venezia in un museo è tanto assurda quanto quella di rianimarla con l’immissione di sangue nuovo. Intanto, quello che passa per sangue nuovo è sempre, alla fine, soltanto orina vecchia. E poi, questa città non ha gli attributi per essere un museo, essendo lei stessa un’opera d’arte, il capolavoro più grande che la nostra specie abbia prodotto. Non rianimi un dipinto, tanto meno una statua: li lasci in pace, li difendi contro i vandali – contro orde di cui tu stesso, forse, fai parte.”