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Una visita guidata insolita: Venezia e la peste

Storia, arte, religione... Anche quest’anno si celebra a Venezia la Festa della Madonna della Salute, e forse in questi ultimi anni la festa si è caricata per i fedeli si significati nuovi, contingenti…


La Basilica di Santa Maria della Salute

Ancora una volta è stato allestito il ponte temporaneo attraverso il Canal Grande che invita i fedeli al breve pellegrinaggio che li porterà a raggiungere l’imponente Basilica di Santa Maria della Salute.
Opera barocca del celebre architetto Baldassarre Longhena, la chiesa fu iniziata alla fine della pestilenza che si abbatté su Venezia, come del resto sull’Europa intera, nel biennio 1630-1631: si trattava di portare a compimento il voto fatto dalla Serenissima Repubblica durante l’epidemia di erigere un tempio alla Vergine, una volta terminata l’emergenza.
 

Altare maggiore della basilica della Salute di Juste le Court (dettaglio, la peste viene scacciata) 

L’emergenza terminò, e quella fu l’ultima epidemia di peste che si registrò a Venezia, a differenza di quanto avvenne nelle altre parti d’Europa. Perché eventi di questo genere non si ripeterono in città?

Il contenimento dei contagi

Fin dalla grande epidemia di peste bubbonica che imperversò in Europa tra il 1348 e il 1350 circa, Venezia si pose come obiettivo il tentativo di arginare le conseguenze catastrofiche delle malattie particolarmente virulente e letali: ne andava della sopravvivenza, economica e sociale, della Repubblica stessa. Numerose furono quindi le azioni intraprese dal governo della Repubblica, da quelle più macroscopiche a quelle più spicciole.
Innanzi tutto, si trattava di contenere il più possibile i contagi, in modo che si ammalasse, e di conseguenza morisse, il minor numero possibile di persone.
A questo scopo, per esempio, si cercò di chiudere le frontiere per impedire l’arrivo di persone dalle aree colpite dalle epidemie. Questa misura fu però sempre molto contrastata, per timore di paralizzare l’economia di un Paese che viveva essenzialmente di commercio.
In secondo luogo, si istituì un ospedale di isolamento dove portare gli ammalati in arrivo e quelli già presenti in città.
Inizialmente venne individuato l’ospedale presso San Niccolò del Lido, ma fu nel 1423 che venne istituito un ospedale speciale permanente di carattere coattivo, per il quale venne identificata come ideale l’isola di Santa Maria di Nazareth o Nazaretum, da cui derivò poi il nome Lazzaretto.
Si trattava di un ospedale senza precedenti, alle dirette dipendenze dello stato, con personale salariato, dove gli ordini religiosi prestavano assistenza come opera di carità. In seguito furono individuati altri luoghi, come il Lazzaretto Nuovo, dove persone e merci provenienti da zone infette dovevano rimanere per quaranta giorni: nacque così il concetto di quarantena.


Il teson grando sull'isola del Lazzaretto Nuovo
 

Mappa del Lazzaretto Nuovo (visibile all'interno del teson grando)

Si istituì inoltre una commissione di nobili, al principio temporanea e dal 1489 in poi permanente, che provvedessero alla gestione della situazione in periodo di epidemia, allo scopo di salvaguardare la salute pubblica: si trattava del Magistrato alla Sanità, l’equivalente contemporaneo del Ministero della Salute Pubblica.

La prevenzione delle epidemie

Tuttavia, gestire le epidemie non era sufficiente. La Repubblica profuse energie e sostanze per prevenire il dilagare del morbo in città.
I Veneziani conoscevano molto bene le rotte commerciali: impararono quindi a conoscere anche le rotte della peste, per attuare misure contenitive e preventive.
Venivano inviati dei rappresentanti del magistrato alla sanità sia nei domini da terra che in quelli da mar, per monitorare la diffusione epidemie, anche per mezzo di spioni alla sanità.
Vennero in seguito istituiti i cordoni sanitari per evitare che le navi entrassero in porto senza i dovuti controlli.
Le navi dovevano essere infatti dotate di patenti di viaggio (ovvero certificati dei porti di scalo), vidimate ad ogni scalo, e di fedi di sanità (certificati di buona salute di equipaggio e merci).
In caso di dubbia provenienza o qualora alcuni marinai risultassero ammalati, come si diceva, tutto l’equipaggio e tutte le merci dovevano osservare il periodo di quarantena.
In città i pievani delle parrocchie dovevano rendere conto costantemente dei decessi avvenuti e delle probabili cause: il potere politico contava sulla capillare presenza di membri del clero sul territorio per monitorare la situazione, pur non ammettendo alcuna ingerenza in materia di sanità da parte della Chiesa.
Divenne di fondamentale importanza poi sorvegliare i poveri ed arginare per quanto possibile la povertà, poiché la presenza di molti indigenti avrebbe costituito un terreno fertile per il proliferare delle malattie.
 

L’uso della fede a favore della sanità pubblica

Era anche necessario fare in modo che la popolazione non osteggiasse eccessivamente i provvedimenti, così da non inficiarne l’efficacia. Lo Stato ricorse pertanto ai santi taumaturgi.
Inizialmente si propose la preghiera a santi quali San Sebastiano, guarito dalle ferite delle frecce grazie alle cure di una pia donna e all’intercessione di Cristo, oppure ai santi medici come Cosma e Damiano, ai quali ci si poteva affidare, oltre che alla fede in Cristo stesso e nella Madonna.
Ma la fede non poteva bastare: bisognava agire, non solo pregare. Ecco che nel ‘400 si fece strada con forza il culto di San Rocco: còlto dalla peste sulla via del ritorno da Roma (dove aveva ricevuto la benedizione del Pontefice) a Montpellier (sua città natale), Rocco decise di isolarsi in un bosco, per non diffondere il contagio. Non solo il santo sopravvisse, grazie al provvidenziale aiuto di un cane che ogni giorno gli portava del pane, ma addirittura guarì!
Quello di San Rocco era quindi l’esempio giusto da seguire: offriva il conforto della preghiera, diventando però anche un grande alleato del governo della Repubblica nel far accettare alle persone l’isolamento coattivo nei lazzaretti nel caso in cui contraessero il morbo.
La religione entrava così a servizio della politica sanitaria.


San Rocco in gloria, Jacopo Tintoretto, Scuola Grande di San Rocco 

Per rinfrancare poi lo spirito ad emergenza terminata, la Serenissima faceva costruire templi meravigliosi (come la Chiesa del Redentore e la Basilica della Salute, vere e proprie chiese di Stato), verso i quali organizzava annualmente processioni e pellegrinaggi, a cui spesso facevano seguito grandi feste popolari; e questa tradizione si è mantenuta fino ai nostri giorni.


Chiesa del Redentore, Palladio, Isola della Giudecca 
 
Se desiderate scoprire di più su questo argomento, visitando pure le chiese del Redentore e della Salute, magari terminando a San Rocco, non esitate a contattarci: sarà per noi un piacere approfondire questi temi durante una delle nostre visite guidate di Venezia.
Contatti: info@guidedtoursinvenice.com

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