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Venezia, Ana Segovia alla Biennale Arte: una visita guidata

Percorrendo l’Arsenale che ospita la seconda parte della Biennale d’Arte, si arriva all’ultimo grande spazio delle Corderie dove sono esposte opere sul tema delle differenze di genere, uno dei soggetti ampiamente sviluppati alla mostra di quest’anno.
Contrapposto alla violenta delicatezza degli intagli su carta colorata a pastello del cinese gay Xiyadie di origini contadine, che ritrae la vita queer in Cina con scene di cruising gay in luoghi pubblici per liberare il proprio desiderio sessuale represso e gli acquerelli di La Chola Poblete (menzione speciale) pieni di  figure indigene transgender dall’identità sessuale fluida, spicca il video di Ana Segovia, giovane artista messicana che ribalta i generi prendendosi gioco del machismo usando colori flou e “femminili”.
Il suo primo lavoro video di pochi minuti del 2021 Pos se acabó este cantar è proiettato al centro della stanza dipinta di rosa neon, trasformata in uno spazio burlesque da cabaret. Nel video due charros, i cowboy macho messicani, (uno è impersonato dall’artista), vestiti con abiti tipici ricamati dai colori alterati rosa e blu elettrici, sono al centro della scena. Non si vedono mai i loro volti e il loro genere è volutamente ambiguo.


I due personaggi si vestono a vicenda, si allacciano la cintura, si schiaffeggiano le mani e le facce, si scuotono violentemente, con una crescente violenza latente omoerotica. Segovia sottolinea l'ambiguità dei loro gesti, non proponendo tuttavia nuove forme di mascolinità, ma sottolineando che gli stereotipi di amore, identità e tradizione sono stati imposti principalmente da una cultura patriarcale che andrebbe smantellata.
La trasgressione è evidente sia nella scelta dei colori marcatissimi, sia nell’abbigliamento tradizionale, che capovolge lo stereotipo della mascolinità, al punto che Segovia ha ricevuto molti rifiuti da parte di numerosi sarti, poiché ritenevano che i tessuti scelti fossero da “finocchio”! Per questo motivo gli abiti del video sono stati creati dal nipote charro del sarto di Jorge Negrete, famosa star del cinema messicano dell’età d’oro, che incarna ancora oggi l’idea di mascolinità nel Paese.


Per il suo video Ana Segovia reinterpreta frammenti di vecchie pellicole messicane come Allà en el Rancho Grande e Los Tres Garcías facendo dialogare cinema e pittura fluorescente, che è il suo principale tratto artistico.
In mostra si possono ammirare anche alcuni dipinti, tra cui ¡Vámonos con Pancho Villa! Anche qui troviamo volti indefiniti, colori acidi e stridenti in una scena ironica e intrisa di umorismo. Tutto è realistico e non reale allo stesso tempo, prevalgono le descrizioni degli oggetti come grandi cappelli, pistole, bandoliere, ma nessuna caratterizzazione dei volti o nessun gesto eclatante, i dialoghi non servono perché quel che vediamo è esplicito e sufficiente.