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Venezia Biennale d'Arte, Chanel non solo moda

Venezia è stata forse la città più amata da Coco Chanel, per la sua bellezza infinita e per la straordinaria fonte di ispirazione che ha sempre sprigionato, non solo per la ricchezza dei gioielli e il lusso bizantino e orientale, ma anche perché Coco, nata sotto il segno del leone, era anch’essa una leonessa, fiera e rivoluzionaria e Venezia rappresenta il leone per eccellenza e non poteva che affascinare e influenzare le creazioni della grande stilista.
Gabrielle Chanel ha sempre sostenuto l’arte e per continuare a perseguire il suo amore per l’arte il Chanel Culture Fund, che ha come obiettivo quello di dare visibilità ai grandi protagonisti del panorama mondiale dell'arte e della cultura, ha sostenuto e sponsorizzato Julien Creuzet, invitato a rappresentare la Francia in occasione della Biennale d’Arte.
È la prima volta che la Francia espone un artista caraibico di colore, originario della Martinica. Creuzet ha creato un’opera immersiva intensa, mescolando poesia, musica, delicati video di un mare in pericolo, installazioni fatte di cera, fili colorati e oggetti trovati sulla battigia trasportati dall’oceano.


L’artista parla anche della propria traversata dell’oceano, della migrazione, del sentirsi stranieri e lo esprime in un modo poetico e gentile e noi, visitando il padiglione francese, ci sentiamo immersi in questo oceano che porta una speranza per un mondo migliore.



All’Arsenale si possono ammirare i magnifici ritratti dell’artista brasiliano Dalton Paula, vincitore dello Chanel Net Prize, che viene assegnato ogni due anni a dieci artisti da tutto il mondo che si sono distinti come innovatori della propria disciplina.
Il ritratto è spesso associato a personaggi ricchi, famosi, maschi e bianchi. In una società come quella brasiliana, con una storia importante di schiavitù e colonizzazione, le persone di colore non sono ritratte e men che meno hanno un nome e una storia.
Dalton Paula, invece, dipinge intimi ritratti di persone brasiliane dimenticate, sconosciute, usando foto rare che trasforma in dipinti intensi e suggestivi, dando un volto a chi non ha mai avuto un riconoscimento nella storia. Sono volti e corpi di afrobrasiliani della diaspora, schiavi o ex schiavi, spesso dipinti con la capigliatura d’oro, poiché molti di loro in Africa erano re e principesse.
Il processo artistico di Paula si concentra soprattutto su terreiros i luoghi di culto brasiliani e i quilombos, comunità di ex schiavi e con la sua arte dà voce, memoria e volto a chi non l’ha mai avuto.