Ensemble, la mostra di Julie Mehretu & friends a Palazzo Grassi è esplosiva.
50 opere, alcune esagerate per bellezza e dimensione, una tecnica certosina che ti fa stare un tempo infinito a scoprire i dettagli, i disegni, gli strati, perfetti disegni architettonici si mescolano a spruzzi di colore e linee che dividono lo spazio.
Sono tante le influenze dell’artista etiope: Kandinsky, Mirò, Polke, l’oro iconico, la pazienza e il tempo. Il tempo che ci vuole per guardare bene queste opere grandiose!
La mostra si sviluppa in tutti i due piani di Palazzo Grassi ed è organizzata seguendo un ordine non cronologico, ma di rimandi visivi, che coinvolgono le opere degli amici più cari di Julie Mehretu come l’iraniana Nairy Baghramian, la pakistana Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Ranking.
Non solo le opere dialogano tra loro, ma si crea lungo il percorso, un vero e proprio laboratorio collettivo, l'amicizia che lega gli artisti si percepisce nella disposizione delle diverse opere, che nella diversità trova dei punti di forza potenti.
Questo si vede soprattutto nel dialogo tra le meravigliose tele stratificate di Julie Mehretu e le grandiose sculture astratte di Nairy Baghramian, un'astrazione ambivalente come dice l’autrice. Anche in questo caso il processo di esecuzione delle sculture è complesso (gli elementi sono realizzati in polistirene espanso, lavorato e poi bruciato, da questo materiale si ricavano calchi per ottenere forme metalliche con la fusione a sabbia che dà l'aspetto grezzo alle sculture), gli assemblaggi evocano corpi vulnerabili e smembrati, o ricuciti insieme.
Altra presenza importante è Huma Bhabha, con le sue massicce sculture totemiche, umane, non umane, aliene, mostruose (ma chi è il mostro, noi esseri umani o gli alieni?). Le opere sono fatte di sughero, polistirolo, ossa di animali, argilla, quasi plasmate dalla terra, l’artista è il nuovo creatore.
David Hammons dialoga costantemente con le opere di Julie Mehretu, non solo artisticamente, con raffronti spesso scioccanti, poiché i suoi tarp paintings fatti di sacchi di plastica stracciati e messi a strati su dipinti astratti appena percettibili attraverso i buchi della plastica, cozzano visivamente con l’estrema raffinatezza delle tele di Mehretu.
Pur nelle differenze formali, le opere in mostra rafforzano i legami tra gli artisti, la loro amicizia, la loro storia di migrazioni, l’impegno politico e sociale e soprattutto l’idea che il potere creativo si moltiplica nell’essere in relazione con gli altri.
Among the Multitude XIII, 2021-2022, Julie Mehretu