Dal 23 febbraio al 9 giugno 2019 a Palazzo Ducale una mostra sul grande vedutista veneziano.
Antonio Canal detto Canaletto (1697 - 1768) è oggi l'artista più celebre del Settecento
veneziano, il vedutista che più di ogni altro ha codificato l'aspetto di Venezia nella forma
che è tuttora nell'immaginario collettivo mondiale. Non per caso: le sue vedute la
esaltano come città d'acqua e celebrano il suo manifestarsi spettacolare, rendendolo, se
possibile, ancora più grandioso e scenografico. Nelle sue opere Canaletto non presenta
una semplice successione di monumenti ma ci conduce attraverso una vera e propria
esperienza visiva grazie a una capacità tecnica straordinaria, ‘illuminista’ nella scientifica
definizione delle immagini, ed è la città stessa a divenire opera d'arte a sé stante.
Venezia in quello stesso secolo è attraversata da contraddizioni complesse e
sorprendenti: è uno dei centri più cosmopoliti al mondo, vissuta e attraversata da colti
mercanti e raffinati collezionisti e viaggiatori stranieri, la Repubblica di Venezia è ancora
lo stato più importante della Penisola, ma già si mostrano al contempo i segnali della
decadenza che predice la caduta (1797). Commercio e manifatture languono e gli artisti
cercano e ottengono commissioni più remunerative altrove, mentre le famiglie nobili
dispongono di imponenti ricchezze in grado di rivaleggiare con quelle dei regnanti
europei. In questo contesto si sviluppa a Venezia l'ultima grande stagione dell'arte
italiana che abbia raggiunto la fama internazionale e l'eccellenza in ogni genere artistico:
la veduta appunto, ma anche il ritratto, il paesaggio, la scultura, le arti decorative, la
grande pittura di storia.
Per questa esposizione a Palazzo Ducale si è preferito mettere in relazione le opere di
Canaletto con quelle degli altri maestri della scuola veneziana, e il suo percorso
individuale con i fatti che hanno scandito la storia dell'arte in laguna durante tutto il
secolo di cui è protagonista. L'orizzonte viene così ampliato tanto in termini cronologici,
temporali, quanto di genere, affiancando alla grande pittura il disegno, l'incisione, le arti
decorative, le porcellane. Con Canaletto a Palazzo Ducale va quindi in mostra la storia di
un maestro che svetta fra i maestri dell'arte veneziana, caratterizzata dal confronto fra i
due poli dialettici dell'immaginazione e dell'osservazione, non antitetici bensì di
reciproca attrazione, fra la fantasia dei suoi decoratori e lo sguardo sulla realtà dei
vedutisti.
Il vedutismo nasce nei primi anni del Secolo, con la pubblicazione nel 1703 della raccolta
di oltre 100 incisioni intitolata “Le fabbriche e vedute di Venezia disegnate, poste in
prospettiva et intagliate da Luca Carlevarijs”, l'artista che in seguito Canaletto insidiò e
scalzò nel mondo della committenza. In questo primo decennio fiorisce a Venezia una
stagione creativa di grande vitalità, che accoglie la giovinezza di Canaletto e del suo
coetaneo Giambattista Tiepolo.
Proprio Tiepolo è l'autore della tela che accoglie il visitatore nella prima sala e
rappresenta il Nettuno che offre i doni del mare all'allegoria di Venezia. Accanto al
Ridotto di Francesco Guardi, che all'immagine mitologica della città dominatrice dei mari
contrappone lo sguardo del viaggiatore straniero, più interessato e vulnerabile alla
rappresentazione della città godereccia e carnevalesca. Come sintesi delle due visioni,
nel centro della sala sta il modello del Bucintoro, la galea delle feste dei dogi,
imbarcazione che galleggia ma non naviga, interamente dorata, simbolo perfetto di una
Venezia che sfarzosamente e inutilmente si autocelebra.
Qui comincia l'arte di Canaletto, che ventenne segue a Roma il padre scenografo e
tornato a Venezia si dedica alla sola pittura, producendo i capolavori che per sempre
hanno marcato l'immagine di Venezia e la storia della rappresentazione delle grandi
vedute. Nel 1737, Francesco Algarotti pubblica Il Newtonianismo per le Dame, ovvero
dialoghi sopra la luce e i colori, opera divulgativa delle teorie sulla luce di Newton. La
luce di Canaletto si raffredda, si fa cristallina e conferisce un’efficace verità ottica ai
dipinti e ai soggetti, con una nitida enciclopedia dei tipi di attività nella città lagunare.
Canaletto supera in fama e abilità Carlevarijs e Sebastiano Ricci, affiancato da una
schiera di artisti che stanno innovando il linguaggio della pittura storica, di ritratto, di
interni e occasioni sociali. Che lavorano nelle grandi città europee, come il coetaneo
Tiepolo, alle corti reali, dove Rosalba Carriera disegna ritratti a pastello che sovvertono i
canoni celebrativi, e nella laguna, come la ricamatrice e pittrice Giulia Lana, così
apprezzata da Giambattista Piazzetta.
Fenomeno squisitamente veneziano è Pietro Longhi, che nel 1741 inaugura un nuovo
genere, la pittura di costume, che ritrae personaggi del patriziato veneziano nelle loro
occupazioni quotidiane. Simile attenzione per gli aspetti più domestici e meno imperiali
si ritrova in certo vedutismo, anche in Canaletto, come nello straordinario Il cortile dello
scalpellino, eccezionale prestito della National Gallery di Londra, dove si assiste al
sorgere di un palazzo veneziano, nell'ansa del Canal Grande dove in futuro sorgerà il
ponte di legno dell'Accademia, da un punto di vista non consueto nelle rappresentazioni
di Venezia.
A Palazzo Ducale sono esposte 25 opere di Canaletto, con alcuni pezzi mai visti a Venezia
e prestiti di grande valore da parte di prestigiose collezioni private inglesi. Attorno a
queste, un intenso allestimento in 11 sale comprende altri 80 quadri e venti sculture,
oltre a una corposa presenza di incisioni e disegni e alla straordinaria esposizione di
porcellane, per un totale di oltre 270 pezzi. La porcellana è stata un segreto della Cina
per molto tempo, ma proprio nel Settecento viene riprodotta in Europa, e di quel secolo
bene esprime lo spirito del rococò con le sue linee aeree, agili, impossibili con altri
materiali. Terza manifattura in Europa, la veneziana Vezzi dovette chiudere a pochi anni
dall'apertura, lasciando pochi e rarissimi pezzi, qui in mostra accanto alla sala che ospita
una formidabile collezione di porcellane Meissen.
Il secolo volge al termine, e con lui lo splendore della Serenissima, mentre Francesco
Guardi compone vedute corrose dalla luce lontano dalle solari certezze geometriche di
Canaletto, e Tiepolo rientrato dalla Spagna compone la sua opera seriale dei Pulcinella. A
Venezia nasce finalmente l'Accademia, in sintonia con Roma e il resto d'Europa, e
nell'arte si staglia la figura di Antonio Canova: chiude l'ultima sala a Palazzo Ducale il suo
bozzetto per il monumento commemorativo a Francesco Pesaro, con l'allegoria di Venezia in Lacrime.